2.2.1 Costo di produzione del kWh
Il costo del kWh prodotto in una centrale elettrica deriva dalla somma di diverse componenti:
– il costo di costruzione dell’impianto
– il costo del combustibile utilizzato nell’impianto
– il costo di esercizio e manutenzione dell’impianto
– il costo delle emissioni di CO2 (“carbon tax”)
La componente dovuta al costo di impianto si calcola dividendo il costo di realizzazione (capitale più interessi) per il numero di kWh che la centrale produrrà nel corso della sua vita.
Il costo di produzione del kWh di fonte nucleare è stato valutato fra il 1997 e il 2007 nei seguenti studi nazionali e internazionali.
― 1997: Studio condotto dall’industria elettrica europea (UNIPEDE)
― 1999: Studio svolto da Siemens, oggi Framatome ANP (Germania)
― 2000: Studio dell’Institute for Public Policy, Rice University (USA)
― 2000: Studio della Lappeenranta University of Technology (Finlandia, aggiornato nel 2003)
― 2002: Studio della UK Performance and Innovation Unit (Regno Unito)
― 2002: Studio svolto da Scully Capital (USA)
― 2003: Studio della Lappeenranta University of Technology (Finlandia)
― 2003: Studio del Segretariato all’Energia (Francia)
― 2003: Studio del MIT – Massachusetts Institute of Technology (USA)
― 2004: Studio della Royal Academy of Engineers (Regno Unito)
― 2004: Studio della University of Chicago, finanziato dall’US-DOE (USA)
― 2004: Studio del CERI – Canadian Energy Research Institute (Canada)
― 2005: Studio congiunto OCSE-NEA / ONU-IAEA
― 2005: Business Case for Early Orders of New Nuclear Reactors, OXERA
― 2006: Studio OCSE-NEA
― 2007: Studio della Commissione Europea
― 2007: Studio del World Energy Council
I risultati di alcuni degli studi citati sono riportati graficamente nella figura seguente,dove la retta di interpolazione consente di quantificare il costo medio del kWh di origine nucleare fra 1,6 e 4,7 c€/kWh (al cambio 1 £ = 1,261 €) al variare del tasso di sconto (costo del denaro) fra il 4% e il 13%.
Valutazioni del costo di produzione dell’energia elettronucleare al variare del tasso di sconto (centesimi di lira sterlina per kWh).
Lo studio svolto dalla Lappeenranta University of Technology (Finlandia) nel 2000 e aggiornato nel 2003 è stato commissionato dal governo finlandese al fine di orientare le proprie scelte di politica energetica. Le risultanze dello studio mostrano la convenienza del nucleare rispetto alle altre fonti di produzione elettrica prese in esame, convenienza che si accentua se si considera il costo delle emissioni e l’incremento del costo delle fonti fossili intervenuto dal 2003 ad oggi.
Costi di produzione dell’energia elettrica e variazioni al variare del costo del combustibile (fonte: Finlandia, Lappeenranta University of Technology 2003, prezzi 2003, tasso di sconto 5%, costo delle emissioni 20 €/t CO2, eolico 2.500 ore/anno di funzionamento).
Lo studio OCSE 2006 è uno studio comparativo su nucleare, carbone e gas che fa riferimento alle condizioni locali in una quindicina di paesi, prendendo in considerazione i costi dei combustibili 2004..
Costi di produzione dell’energia elettrica in 14 paesi dell’OCSE a prezzi dei combustibili 2004 (fonte: OCSE, 2006).
Considerando un tasso di sconto pari al 5% (condizioni più favorevoli al nucleare, caratterizzato da alti costi di investimento) e le tre principali componenti di costo (impianto, esercizio e manutenzione, combustibile), i costi di produzione sono i seguenti (l’intervallo di variazione è legato alle particolari condizioni del mercato locale):
― nucleare: 2,3-3,6 c$/kWh
― carbone: 2,2-4,8 c$/kWh
― gas (ciclo combinato): 3,9-5,7 c$/kWh
Considerando un tasso di sconto del 10% (condizione più sfavorevole al nucleare) i costi di produzione si modificano come segue:
― nucleare: 3,1-5,4 c$/kWh
― carbone: 2,7-5,9 c$/kWh
― gas (ciclo combinato): 4,3-6,0 c$/kWh
Dalle valutazioni dell’OCSE emerge una sostanziale equivalenza del costo del chilowattora nucleare rispetto a quello prodotto con centrali a carbone o a gas a ciclo combinato (che sono le più economiche fra le centrali termoelettriche). Ma la competitività del nucleare si accentua ancora una volta se si considerano gli effetti della “carbon tax” e gli aumenti del costo delle fonti fossili intervenuti dal 2004 ad oggi.
Un confronto fra i costi di produzione del kWh dalle diverse tecnologie tenendo conto di tutti i costi delle diverse filiere (“all-in”) è stato condotto nel 2006 da ABN AMRO . Il risultato mostra ancora una volta una marcata convenienza dell’energia nucleare,soprattutto se si tiene conto del fatto che i prezzi dei combustibili fossili considerati nello studio sono quelli del 2006.
Costo di produzione del kWh “all-in” (fonte: ABN AMRO 2006).
2.2.2 Peculiarità economiche
Le centrali nucleari sono caratterizzate da costi di impianto molto più elevati di quelli tipici delle centrali termoelettriche convenzionali. Ad esempio, la centrale EPR da 1.600 MW in costruzione in Finlandia ha un costo complessivo di circa 3,2 miliardi di euro. Gli alti costi di impianto non costituiscono tuttavia un deterrente economico per i paesi che non hanno fonti energetiche proprie. Infatti, poiché l’88% del costo del kWh nucleare è dato dai costi di impianto e dai costi di esercizio, questa componente rappresenta un investimento fatto in sede nazionale. Viceversa, per il kWh di origine fossile il 72% nel caso del gas e il 45% nel caso del carbone è dato dal costo del combustibile, e quindi, per i paesi che importano le fonti fossili, costituisce un esborso netto verso l’estero.
Fonti fossili (petrolio, gas, carbone)
Fonte eolica e fotovoltaica
Fonte nucleare
Un altro vantaggio associato al nucleare rispetto alle fonti fossili è la scarsa sensibilità del costo del kWh rispetto alle variazioni del prezzo del combustibile. Il costo dell’uranio influisce poco (12% nel caso della Finlandia, che come l’Italia importa tutte le fonti fossili) sul costo del kWh, che è determinato essenzialmente dai costi di impianto e di esercizio (88%). Di conseguenza, mentre per una centrale termoelettrica il raddoppio del costo del combustibile comporta un aumento del 45-72% del costo del kWh, per una centrale nucleare il raddoppio del costo dell’uranio comporta un incremento del costo del kWh pari al 12% (fig. 5).
Variazioni del costo del kWh al variare del costo del combustibile (fonte: Finlandia, Lappeenranta University of Technology).
Altre componenti di costo che riguardano specificamente le centrali nucleari sono date dai costi relativi alla gestione dei rifiuti radioattivi (combustibile irraggiato, rifiuti di esercizio) e allo smantellamento dell’impianto al termine della vita utile. In attuazione delle direttive emanate in ambito internazionale, questi costi sono finanziati attraverso l’accantonamento di una quota parte del ricavato dalla vendita dell’energia elettrica prodotta. Ciò si traduce in un incremento del costo di produzione del kWh da fonte nucleare quantificabile 0,1 c$/kWh per la gestione dei rifiuti radioattivi e di altri 0,1-0,2 c$/kWh per lo smantellamento dell’impianto a fine vita. Non si tratta quindi di costi particolarmente significativi.
2.2.3 Efficienza degli impianti
Negli ultimi decenni la produzione di energia da fonte nucleare ha continuato ad aumentare più rapidamente di quanto siano aumentati il numero e la potenza complessiva degli impianti in esercizio. Ciò è dovuto all’aumento dell’efficienza complessiva degli impianti in esercizio e al prolungamento della loro vita utile che, progettata inizialmente per un periodo di 30 anni, è stata successivamente estesa a 50-60 anni.
Un indicatore dell’efficienza di funzionamento degli impianti nucleari è il cosiddetto “fattore di carico” (o “fattore di utilizzazione”), definito come rapporto fra l’energia elettrica effettivamente prodotta in un impianto in un anno e l’energia teoricamente producibile dal medesimo impianto nell’ipotesi di funzionamento continuo a piena potenza. Grazie ad accorgimenti di tipo impiantistico e gestionale (allungamento dei cicli di irraggiamento, diminuzione delle fermate per manutenzione programmata, diminuzione della durata delle fermate) il fattore di carico medio degli impianti nucleari è passato dal 53% medio mondiale nel 1970 all’85% nel 2007. Circa un terzo dei reattori in funzione nel mondo presenta oggi fattori di carico superiori al 90%, mentre i restanti due terzi hanno comunque fattori di carico superiori al 75%. Particolarmente sensibile è stato il miglioramento negli ultimi quindici anni della performance dei 104 reattori statunitensi, con un fattore di carico medio che è passato dal 65% nel 1990 al 91,5% nel 2006.
Aumento del fattore di carico degli impianti nucleari (media mondiale)
Fra il 1990 e il 2006 (dati ONU-IAEA 2007) la potenza nucleare installata nel mondo è cresciuta del 13,5% mentre la produzione di energia elettrica dagli impianti nucleari in esercizio è cresciuta del 40%. I contributi relativi a questa crescita sono venuti per il 36% dalle nuove costruzioni, per il 7% dall’aumento della potenza degli impianti esistenti e per il 57% dall’aumento del fattore di carico degli impianti.
Aumento dell’efficienza degli impianti elettronucleari (fonte: ONU-IAEA, 2008).
Il basso costo dell’energia nucleare rende conveniente esercire gli impianti costantemente alla massima potenza, utilizzando l’energia elettrica prodotta nelle ore di bassa richiesta per pompare acqua (ovvero accumulare energia idraulica) nei bacini idroelettrici, che sono poi impiegati per produrre energia elettrica nelle ore di elevata richiesta. Questa tecnica rende possibile massimizzare l’uso degli impianti nucleari riducendo ulteriormente il costo medio del chilowattora.
Delle tre componenti del costo del kWh nucleare (capitale investito, costi di esercizio e manutenzione, costo del combustibile) quella di gran lunga prevalente è il costo del capitale (58% nello studio finlandese). In pratica, trascorso il periodo di ammortamento dell’impianto (20-30 anni), il costo del kWh si riduce del 58%. Vi è quindi un grande interesse a prolungare la vita operativa dei reattori ben oltre i trenta anni inizialmente previsti nei progetti. In genere ciò è possibile attraverso la sostituzione di alcuni componenti, l’ammodernamento della strumentazione e una verifica approfondita dello stato di conservazione dell’impianto. Negli USA l’autorità di controllo nucleare (NRC) ha finora concesso un prolungamento di 20 anni della licenza di esercizio alla metà dei 104 reattori in funzione ed ha attualmente all’esame analoghe richieste per i restanti reattori.
Il sensibile miglioramento del tasso di sfruttamento del combustibile ha portato la produzione elettronucleare (negli impianti PWR, i più diffusi) da valori di circa 500 kWh per grammo di combustibile nel 1970 a valori di 1.000 kWh per grammo di combustibile nel 2006 (dati ONU-IAEA 2007). Ciò significa che da una stessa quantità di combustibile si produce oggi il doppio dell’energia elettrica che si produceva nel 1970. Sulla base degli sviluppi industriali in atto, il tasso di sfruttamento del combustibile raggiungerà probabilmente i 1.500 kWh/g entro una decina d’anni. Produrre più energia per unità di massa del combustibile comporta due benefici: migliore sfruttamento delle risorse uranifere, riduzione dei costi del combustibile e periodi di funzionamento più prolungati fra una ricarica e l’altra, con un miglioramento del fattore di utilizzazione dell’impianto: si è già passati da una ricarica all’anno a una ogni 18 mesi (ad esempio, nel reattore EPR) e si conta di arrivare entro qualche anno a una ricarica ogni due o più anni.